domenica 7 marzo 2010

film -------> INVICTUS : recensione e commento


Il primo post di questo mio blog lo dedico ad un film davvero superlativo che in questi giorni è uscito in tutte le sale d'Italia; come si desume dal titolo sto parlando di Invictus, film con Clint Eastwood (regia), Morgan Freeman (impersona Nelson Mandela) e Matt Demon (nella parte di Francois Pienaar, capitano della nazionale sudafricana di rugby). Il film è tratto dal romanzo di John Carling ama il tuo nemico, a sua volta tratto da vicende realmente accadute.

La storia è ambientata in Sudafrica nel periodo della caduta dell'apartheid e dell'insediamento di Nelson Mandela come presidente. Il compito del neo presidente (nobel per la pace nel 1993) è quello di riappacificare la popolazione distruggendo l'odio e i pregiudizi da secoli esistenti tra la popolazione nera e i bianchi afrikaner. Emblema di questa profonda spaccatura è la squadra nazionale di rugby, uno sport praticato e seguito principalmente da bianchi (la maglia verde-oro degli Springboks, il soprannome della squadra, rappresenta la vecchia bandiera dell'apartheid). L'intuizione politica geniale di Mandela sarà quella di non cancellare i colori della squadra, come desiderava la popolazione nera, ma di fare delle vittorie degli Springboks il cemento per la costruzione di uno spirito nazionale unitario: l'appuntamento decisivo fu essere la Coppa del Mondo 1995 ospitata proprio dal Sudafrica. Mandela, nei suoi numerosi incontri col capitano della squadra Francois Pienaar, riesce ad infondere coraggio ad una squadra reduce da numerose sconfitte e a far arrivare alla nazionale anche il sostegno della popolazione nera. Sospinti da un popolo intero, gli Springboks rieuscirono a raggiungere la finale del torneo e a sconfiggere nella partita decisiva i favoritissimi All Blacks neozelandesi. La vittoria sportiva rappresentò la grandezza di questa nuova nazione multicolore (Rainbow Nation) e per la prima volta bianchi e neri festeggiarono insieme come un unico popolo.

Queste vicende di storia contemporanea sono note in tutto il mondo (famossisima è la foto pubblicata in alto), tale che non si va la cinema per la suspense del finale, dato che la trama è risaputa, quanto per le emozioni che riesce a trasmettere una delle più belle favole della storia recente. Questo nuovo film di Clint Eastwood, supera di gran lunga i due precedenti capolavori (mi riferisco a Million Dollar Baby e Gran Torino) dell'ex pistolero di Sergio Leone, dimostrando di essere un regista di eccezionale valore. La principale grandezza sta nel fatto che Eastwood riesce a trasmettere emozioni uniche senza mai essere troppo retorico, e senza mai costruire l'agiografia di Mandela. All'opposto, Eastwood traccia una biografia umanissima del presidente, facendone risaltare l'indomabile forza d'animo, attraverso la filastrocca dai cui trae origine il titolo ("I am the master of my fate, I am the captain of my soul"), ma al contempo descrive un uomo fragile, a cui mancano gli affetti familiari, che soffre per la lontananza della figlia. Quello di puntare sugli Springboks fu un grosso azzardo politico e soprattutto sportivo (i sudafricani non erano certamente i favoriti) ma che venne ampiamente ripagato: da un stato sull'orlo della guerra civile, da una nazione dilaniata dall'odio interetnico, si passò ad uno stato in cui bianchi e neri vivevano accanto con reciproco rispetto. La grandezza del film sta proprio in questa progressiva sconfitta dell'odio, rappresentata non attraverso discorsi retorici, né con piani studiati a tavolino da burocratici, ma bensì attraverso la passione sportiva che riunisce bianchi e neri sotto la nuova bandiera sudafricana. Eastwood riesce benissimo a rappresentare un sentimento comune di passione che si radica nei protagonisti, ma anche in tutti i personaggi secondari (emblematica il rapporto tra guardie del corpo nere e afrikaners) nascendo dal basso, dal profondo del cuore di ogni sudafricano e trasmettendo quindi allo spettatore valori importanti e sentimenti catartici. Questa capacità di emozionare e di parlare all'animo dello spettatore in maniera assolutamente naturale è la grande forza del film e dei suoi interpreti. Le cose negative: c'è scarsa somiglianza tra Matt Damon e Francois Pienaar, l'attore è 20cm più basso, e hollywoodianamente troppo bello rispetto ad un Pienaar stempiato sulla fronte; infine la scena del falso attentato aereo ricorda un po' troppo l'11 settembre, non riesce a creare suspense perché sappiamo come andrà realmente la storia: rappresenta la classica "americanata" inutile in un film davvero eccezionale. 4.5 su 5